I vespasiani di Torino
- 07/01/2025 09:10:08
- In: News
I vespasiani Renzi sono un pezzo di storia della nostra città.
Un articolo pubblicato dal Corriere Della Sera ci racconta la loro storia.
I tredici Vespasiani Renzi di Torino, un pezzo di storia civica della città
Rosalba Graglia
Fu il medico Pacchiotti a caldeggiare l’introduzione di orinatoi pubblici nell'800. Ma si deve alla ditta di Umberto Renzi l'introduzione dell'orinatoio in pietra artificiale. Ora il Comune vuole valorizzarli come elemento storico
Non abbiamo certo le toilette giapponesi di culto di Perfect Days, il film di Wim Wenders, questo si sa. I gabinetti pubblici di Torino sono spesso malridotti, poco curati, ricoperti di tag. Il nuovo piano del Comune prevede di demolirne parecchi e sostituirli con strutture più confortevoli e funzionali, non riservate solo a utenti maschi. Ma 13 (in realtà meno, tre sono già spariti, come quelli in corso Marconi e in corso Tazzoli, e quello davanti al San Giovanni Bosco impacchettato da lamiere) dovrebbero sopravvivere per essere valorizzati come «elemento storico». Sono i Vespasiani Renzi, un pezzo di storia di Torino.
Il nome
Per cominciare, sfatiamo un mito. I vespasiani prendono il nome dall’imperatore romano Tito Flavio Vespasiano, ma non è stato lui ad inventarli, bensì a tassarli, visto che proprio dall’urina veniva ricavata l’ammoniaca usata per conciare le pelli e come detergente (da qui il detto latino «pecunia non olet», il denaro non puzza).
E quand’è che si torna a parlare di orinatoi pubblici dopo secoli di orinatoi en plein air (il denaro non puzzava ma le città dal Medioevo in poi decisamente sì, con epidemie di colera connesse)? Nell’800, quando compaiono a Parigi, per ordine del Prefetto del Dipartimento della Senna, il conte Claude-Philibert Barthelot de Rambuteau i primi pissoirs, soprannominati «Colonnes Rambuteau». Che erano anche un modo per fare pubblicità: sulle pareti esterne di quelle altissime colonne, che si vedono in molti dipinti dell’epoca, si affiggevano manifesti di eventi, teatri, negozi.
L'esperto di igiene
Le capitali europee si dotano subito delle colonne Rambuteau: Londra, Berlino. E pure Torino. Proposta di Giacinto Pacchiotti, consigliere comunale, medico esperto di igiene e docente universitario, che caldeggiò l’introduzione di orinatoi pubblici, sul modello delle Colonnes Rambuteau, per risolvere l’imbarazzante questione delle «pietre di decenza» murate verticalmente negli angoli di case e su cui era concesso urinare.
Pacchiotti presentò la sua proposta più e più volte tra il 1878 e il 1880 e alla fine le Colonnes Rambuteau arrivarono anche da noi.
Una fu installata in pieno centro, in piazza Carignano. Ma le colonne erano a un solo posto: bisognava pensare a orinatoi più capienti, e gli architetti dell’arredo urbano si sbizzarriscono in tutta Europa a creare tempietti, gazebo e chioschi utilizzando le nuove tecniche di lavorazione del ferro.. E proprio a Torino, a fine Ottocento, diventa famosa un’impresa specializzata nella costruzione di edicole, chioschi, e chioschetti con scheletro metallico, la «Società Anonima Umberto Renzi». La sede era in via Tiziano (oggi non c’è più traccia, al posto una casa). E la particolarità della ditta sta nel fatto che dalla costruzione dei chioschi-orinatoi in ferro passò a quelli in «pietra artificiale», un conglomerato cementizio.
Nei cataloghi della Ditta Renzi (se ne trovano ancora fra le librerie antiquarie, basta dare un’occhiata su internet) si scoprono esempi di orinatoi con la tettoia in ferro stile Art Nouveau, gli orinatoi liberty modello Salsomaggiore che colonizzarono le località termali di tutt’Italia e gli orinatoi in conglomerato cementizio.
Il più famoso, lanciato negli anni 30, e diffuso in tutto il Paese, colonie comprese, era il «Nuovo chiosco-orinatoio smontabile, in pietra artificiale, Modello ‘900», nelle linee curve stile Bauhaus. Nel dépliant pubblicitario dell’epoca la ditta Renzi lo presentava così: «Ai sigg. Podestà ed alle Autorità interessate, che amano ed apprezzano la nuova architettura, raccomandiamo questo tipo di chiosco per quartieri d’intonazione razionale e futurista, il quale si adatta pure perfettamente, come tutte le cose semplici, a qualsiasi stile di costruzione ed ai differenti paesaggi».
Così gli Orinatoi Renzi entrano nel paesaggio urbano di Torino, ma molti sono stati eliminati già negli anni 60/70, fra le proteste generali. Se ne lamentava ironico anche Gipo Farassino che nell’album «Gipo a sò Turin» cantava «A l’han gavà i pissor d’an mès la strà, per aomenté ‘l decòro ‘d la sità…». I 13 Vespasiani Renzi che dovrebbero rimanere per il loro valore storico (ma due/tre sono già spariti, come si è detto) sono sparsi in tutta la città e sono per lo più proprio del modello ‘900 ispirato alla Bauhaus, ma ci sono anche piccole scoperte, idea per un insolito tour fra storia e pubblico decoro.
Dove sono oggi
Cominciamo dal centro: il Renzi di corso Regina Margherita davanti al n. 103 a pochi passi dai Giardini Reali e quello corso Massimo d’Azeglio sul controviale davanti al n. 16, poco prima del Teatro Nuovo sono dello stesso modello 900, tutti e due ricoperti di scritte. Come il Renzi davanti al n. 40 di corso Matteotti.
C’è un Vespasiano Renzi davanti all’Ospedale Militare (abbastanza intatto) in corso IV Novembre e una curiosa versione del Renzi più grande e squadrata, in cemento (e bisognosa di rattoppi), difronte al 18 di corso Maroncelli (e un bel Renzi modello ‘900 in corso Agnelli 147, chissà perchè giudicato «da abbattere») mentre si torna al classico modello ‘900 in corso Trapani angolo via Frassinetto come in corso Tassoni all’altezza di via Cibrario. Più originali le varianti del Renzi «Modello Como» di piazza Sassari, quasi all’angolo con via Cigna, tutto colonnine e trafori, e di piazza Villari, davanti alla farmacia, dipinto con toni pastello di verde e di rosa, con tanto di marchio inciso «U. Renzi».
Trasformare i Renzi in installazioni d’arte? Perché no: è murato e dunque non utilizzabile, ma è diventato in un’opera di street art il Vespasiano Renzi in versione piccolo blocco collocato davanti al Motovelodromo, nel verde del parco Michelotti.
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